Norvegia.709 d.C.
Nel pieno di una guerra tra vichinghi, una navicella spaziale si schianta sulla Terra.
Un alieno dalle fattezze umane, sopravvive all’impatto, mentre il suo compagno di viaggio muore.
Grazie alle super tecnologie della navicella, costruita su un pianeta più evoluto di ciò che ci è concesso immaginare, l’alieno impara in pochi secondi la lingua della Terra, rileva la sua posizione sulla terra, e capisce di non essere il solo sopravvissuto all’impatto.
Un essere mostruoso, della razza dei Moorwen, è riuscito a nascondersi e ad affrontare il viaggio insieme agli umanoidi. Un essere delimita i confini del suo territorio e distrugge tutto ciò che c’è al suo interno.
Keinen (l’alieno) viene catturato dai vichinghi mentre cerca di intrappolare la creatura malvagia. Per il popolo, Keinen è solo uno straniero pericoloso, un Outlander.
Amore, onore e lealtà si intrecciano con la fantascienza e l’epica.
Un mix coraggioso per un’esordiente qual’è il regista McCain.
Meglio evitare di porsi troppe domande sulla credibilità di alcune scene e cercare di trovare ciò che di positivo c’è, forse ….
Ispirato alla leggenda di Beowulf, da cui riconosciamo il villaggio di Herot e un mostro similare con famiglia a seguito; Howard McCain non si sottrae dallo scopiazzare neanche Michael Crichton ne “I mangiatori di morte”.
Un poema epico sull’archetipo dello scontro tra eroe e mostro, d’ispirazione nordica, misto alla fantascienza di Alien e Predator. Un piccolo omaggio a Tolkien, con il personaggio di Boromir, e anche qualche cenno storico sull’emancipazione femminile per far contenti tutti.
Ed eccoci , ciò che negli Usa è stato un flop! Forse troppe cose da digerire, o forse semplicemente tutto ciò non è comprensibile a noi semplici umani.